Il Molise è al bivio: un vademecum per la campagna elettorale. Chi governerà non potrà prescindere dalle politiche giovanili

Il Molise è al bivio. Ora o mai più. La legislatura regionale volge al termine, inizia la campagna elettorale, che, come di consueto, sarà caratterizzata da spot. I programmi elettorali sono sempre pieni di buoni propositi. È sempre stato così sin dalla notte dei tempi.

A prescindere da ciò che ci sentiremo dire da coloro che saranno i protagonisti in campo, però, ciò di cui non potrà fare a meno il Molise nei prossimi cinque anni saranno le politiche giovanili. Non a chiacchiere, ma a fatti.

Occorreranno piani di sviluppo tali da creare occupazione a tempo indeterminato per i più giovani, che sono sempre meno nella ventesima regione d’Italia. Cosa fare, dunque, per permettere alle nuove generazioni di poter restare nella terra natìa, evitando la nuova forma di emigrazione 3.0?

Chi governerà la Regione Molise dovrà investire su chi rappresenta il futuro, impegnandosi verso coloro che si affacciano per la prima volta nel mondo del lavoro.

Troppo spesso le politiche in favore dei giovani si trasformano in forme di iniziative che favoriscono più le aziende, che si ritrovano forza-lavoro a costo quasi zero per alcuni mesi, rispetto a coloro ai quali sono rivolte queste forme di occupazione temporanea, destinate a concludersi nel giro di pochi mesi. Quasi sempre senza opportunità di permanenza nell’azienda dove si è svolto il tirocinio o la forma di collaborazione, attivata dal bando pubblico.

L’attuale generazione è quella che ha avuto, rispetto ai padri, maggiori possibilità di studiare e concretizzare i propri interessi, col cosiddetto ‘pezzo di carta’. Il rovescio della medaglia, però, risiede nel fatto, che, rispetto ai propri genitori, per i figli ci sono state minori opportunità lavorative.

Colpa della crisi economica, colpa degli sprechi degli anni del boom economico, colpa dell’aumento dell’età pensionabile, colpa di politiche che hanno favorito sempre di più la generazione dei padri. A discapito di chi? Dei figli. Coloro che abituati al benessere inarrestabile di quando erano bambini, goduto in gran parte dai propri genitori. Quella prosperità oggi frenata, che avrà come conseguenza, per la prima volta dal Secondo dopoguerra, un peggioramento del tenore di vita degli under 40 rispetto alla generazione precedente.

Sarà indispensabile una nuova coscienza verso i più giovani, da coinvolgere maggiormente nelle decisioni importanti. D’altronde, il futuro non è, sicuramente, di chi tra qualche anno sarà in pensione, ma è dei giovani professionisti.

Il Molise avrà di fronte a sé cinque anni importanti: o cambia mentalità, puntando su chi è stato formato e messo all’angolo. Oppure, la regione nata nel 1963 sarà destinata a vedere crescere a dismisura l’età media dei suoi residenti. E più aumenterà l’età media, maggiori saranno le risorse che l’ente pubblico dovrà assicurare alle politiche sanitarie e sociali, a discapito di chi? Sempre dei più giovani. In sostanza, le nuove generazioni sono più colte, ma più povere rispetto ai decenni precedenti. E se quando chi governa oggi parla di bamboccioni è solo un modo per nascondere il danno che è stato fatto alla ‘famosa’ generazione degli anni ’80.

Promuovere e investire sulle politiche giovanili non significa la forma di assistenzialismo, cui troppo spesso gli italiani e i molisani sono abituati. Ma vuol dire anche creare le premesse, affinché le aziende, le multinazionali, trovino qualche motivo valido per investire in Molise. Come del resto è successo, quando nella ventesima regione d’Italia hanno investito le principali industrie italiane, dal settore avicolo, a quello tessile, passando per il mondo bieticolo-saccarifero, automobilistico e così via.

C’è stato un Molise vivo, anni durante i quali il fenomeno era immigratorio e non emigratorio. Si veniva in Molise per lavorare e per restare a vivere, non per andare via. E questa sarà la vera missione dei prossimi cinque anni di governo regionale. Spot elettorali a parte. Restituire al Molise l’appellativo di ‘piccola Svizzera’, una terra da invidiare e dove anche per i giovani ci potranno essere motivi (lavorativi) per restare. Fallito questo obiettivo, nel 2023 davvero il Molise non avrà più motivo di esistere. Come entità politica e come territorio.

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